I soggetti interessati alla proposta “Progetto Giovani” sono: UNOETRINO, PROGETTO ZORAN, CHI PER ES TEATRO, COMPAGNIA NECESSITA VIRTù, CONIGLIOVIOLA, DEBUT, FRATELLI OCHNER, I LUNATICI, I VICINI DI PEPPINO, IL CERCHIO DI GESSO, IL GRUPPO DEL CERCHIO, PICCOLA COMPAGNIA DELLA MAGNOLIA, IL PICCOLO TEATRO D'ARTE, POLI(S)TYLE, PORTAGE - RESIDUI PERFORMATIVI, RTAMOVIE, TEATRO DELLA CADUTA, TECNOLOGIA FILOSOFICA & LIVINGSTON TEATRO, Il MILIONE, JEANMARIEvOLONTè

\ Giovani \ Porgetto Zoran

 

Progetto Zoran
Via S. Francesco d’Assisi 1 - Torino
Tel 011.19.50.46.84
www.progettozoran.it

Progetto Zoran aspira a dare vita ad un movimento di ricerca teatrale di tipo concezionale, ovvero dare un peso significativo al contenuto ideologico, filosofico e oggettivo della rappresentazione. Lo spettatore entra all’interno dei concetti che vengono rappresentati, ne ricava un’intuizione, uno spunto, un altro punto di vista. Per questo è opportuno distinguere totalmente il termine concezionale da concettuale. Il luogo scenico in cui si svolge la rappresentazione è chiamato Teatro dell’intravisto. Un luogo ipotetico ed irreale, dove non tutto va svelato e dove ogni osservatore partecipe contribuisce alla creazione dell’evento. Progetto in quanto lavoro in divenire, che non è detto che funzioni, Progetto perché in questo modo si possono sviluppare più strade senza cadere in una sciocca coerenza, Progetto per poter lavorare con un collettivo eterogeneo senza limitazioni sperimentali come deve essere proprio per un teatro di ricerca.

Domenica 14 maggio - Teatro Espace
Theatrophobia - Demo release
Trasposizioni Marco Ivaldi
Rappresentazioni Davide Capostagno, Fabio Castello, Giusy Francia, Silvia Mercuriati
Movimenti Fioranna Rosselli
Creazione scene Luca Luciano
Suoni ed esperimenti musicali I treni all’alba
Produzione e coordinamento Progetto Zoran

 Theatrophobia è la realtà auto-costruita. È un incubo. Gli studi di Palo Alto ci hanno restituito una visione distorta del nostro esistere. Quello che vediamo attorno a noi è realmente oppure è il frutto di una nostra costruzione mentale? Gli oggetti che incontriamo nel corso della nostra vita hanno un significato? Theatrophobia è uno studio sull’ipnosi di massa e sulla persuasione occulta. Gli interpreti utilizzano elementi della propria esperienza per rappresentare ciò che sarebbe possibile osservare se potessimo vedere, da una piccola fessura, un mondo scorrere parallelo al nostro. A quel punto le regole del nostro mondo andrebbero riscritte. L’ 8 luglio 1978 Ljudmila Bartek viene ricoverata, in coma irreversibile, nel reparto di lunga degenza dell’ ospedale psichiatrico di Novgorod - Russia. Esattamente 21 anni dopo, si spegne in seguito ad una somministrazione massiccia accidentale di Diazepam. In questa scansione temporale si inseriscono i suoi sogni, che in Theatrophobia vengono analizzati.

Recensioni: RIgenerazione, ultima tappa. Il mondo è bello perché vario…
di Giorgia Marino

Progetto Zoran - Theatrophobia. Demo release. Si prendono terribilmente sul serio i quattro componenti di Progetto Zoran, giovanissima formazione capeggiata da Marco Ivaldi che dichiara ambiziosamente di richiamarsi ad un'idea di "teatro concezionale", in cui convergano teorie sociali, filosofiche e artistiche. Per il loro nuovo lavoro, Theatrophobia, riflessione sui labili confini fra realtà onirica e vita cosciente e su quella sorta di esistenza sospesa che caratterizza lo stato comatoso, scomodano la Gestalt e la scuola di Palo Alto (che ci possono anche stare) e sostengono di ispirarsi ad un corpus complesso di antiche leggende ebraiche ed esegesi bibliche (francamente difficili da rintracciare nello spettacolo). Ma se l'alta concezione di sé li porta a proporre un lavoro che si arena, concettualmente, nell'intellettualismo e se ancora mancano, dal punto di vista della recitazione, quell'incisività ed efficacia di mezzi indispensabili a chi si pone così ardui obiettivi, un traguardo, e non facile, i quattro di Zoran lo hanno però raggiunto: è l'appropriazione dello spazio, quello ampio e ricco di possibilità della sala dell'Espace, finalmente usata a tutto campo. Scomposto e ricomposto, lo spazio simula visivamente e in maniera immediatamente percepibile i diversi livelli di coscienza che si vogliono indagare: in fondo, stesa su un tavolo, Ljudmilla Bartek sogna la sua vita, sospesa nel delirio del coma; davanti, i diversi strati del flusso onirico si sovrappongono, più o meno riconoscibili, più o meno legati da un filo logico; e infine, ultimo anello, il pubblico, che ha preso posto questa volta sul palco, è chiamato a riordinare le tessere di un domino che gli si offrono in una sequenza apparentemente senza regole. La domanda sull'illusorietà del reale rimane ovviamente aperta e a sottolinearla, alla fine dello spettacolo, un telo in un angolo si alza e scopre una band che suona dal vivo: la musica che inondava la sala non era, come tutti credevano, una base pre-registrata…